Da guardia del corpo a manager della sicurezza
Gianandrea Gaiani per Panorama Difesa – Da guardia del corpo nel più pericoloso tra i paesi ad alto rischio a manager della sicurezza per una grande società alberghiera internazionale. Un passo molto lungo ma anche un’evoluzione professionale naturale per chi considera il pericolo un mestiere e la sicurezza una scienza.
Valeria Castellani è stata per due anni il “soldato Jane” dei contractors in Iraq, una delle pochissime donne a sfidare ogni giorno la morte nelle strade di Baghdad scortando manager e tecnici delle società impegnate nella ricostruzione del paese mediorientale. Trentadue anni, vicentina, Valeria Castellani ha iniziato a viaggiare subito dopo la laurea in giurisprudenza occupandosi di contratti internazionali ma nel 2002 era già in un’area “calda”, a Kandahar, ad occuparsi della gestione di un campo profughi per conto di un’organizzazione non governativa. Lì ha incontrato Paolo Simeone, divenuto suo compagno di vita e d lavoro: un ex fante di Marina che all’epoca si occupava di sminamento. Insieme hanno lavorato brevemente in Angola e poi in Iraq, dove con la caduta di Saddam Hussein esplode il business del un mercato della sicurezza che ha attirato almeno 30.000 guardie del corpo arruolate dalle Private Security Companies anglo-americane.
“Nel 2003 guerriglieri e terroristi non erano ancora ben organizzati ma tutte le società impegnate in progetti di ricostruzione dell’Iraq avevano bisogno di proteggere i loro dipendenti”. Valeria, già avvezza all’uso delle armi e alle tecniche di sicurezza, perfeziona il suo addestramento nei campi delle PSC a Bassora e poi a Baghdad, dove vivrà per due anni insieme al suo compagno-collega prima all’hotel Babylon e poi nel campo istituito dalla società di sicurezza per cui lavorava all’interno dell’area militare americana dell’aeroporto.
Un mestiere svolto per lo più da ex militari anglosassoni con pochi europei e qualche italiano come Fabrizio Quattrocchi con il quale Valeria e Paolo hanno lavorato fino al momento del sequestro che ha poi portato alla sua uccisione.
Poche le donne. “Ho incontrato un’australiana e due britanniche ma sono rimaste solo poche settimane e del resto lavorare in un ambiente ad alto livello di testosterone non è stato semplice. Alla fine quel che conta è la capacità di svolgere il lavoro, di sopportare lo stress e la fatica come gli altri, aspetti che insieme a un’ottima mira mi hanno fatto guadagnare la stima dei colleghi”.
Due anni trascorsi vivendo in un una stanza di 3 metri per 3 in con l’unico svago consentito ai contractors dal tesserino professionale rilasciato dal Pentagono che permetteval’accesso alle infrastrutture ricreative militari americane.
“Passavamo anche dodici ore nel traffico di Baghdad, spesso con temperature superiori ai 45 gradi con addosso oltre 15 chili di equipaggiamento, giubbotto antiproiettile, armi e munizioni. Nessun “rambismo”, anzi, cercavamo di confonderci con gli iracheni per non dare troppo nell’occhio in una città dove i guerriglieri davano la caccia a ogni occidentale”.
Gli occhi azzurri si restringono quasi a fessura nel ricordare le azioni a fuoco. “Mentre eravamo imbottigliati in un ingorgo ci hanno sparato cinque razzi Rpg e numerose raffiche da un tetto. Per fortuna non avevano una gran mira ma ci siamo salvati solo grazie al sangue freddo del collega britannico alla guida che ha scavalcato lo spartitraffico lanciandosi contromano dietro un dosso”.
Dopo due anni vissuti pericolosamente Valeria Castellani è stata diversi mesi negli USA dove ha lavorato come istruttrice alla GTI, una società di formazione per personale di polizia, conseguendo le qualifiche antiterrorismo and SWAT instructor (Special Weapons and Tactics) delle forze speciali e antiterrorismo americane. Professionalità rare nel mondo civile che le hanno aperto una carriera da manager della sicurezza.